domenica 28 ottobre 2012

l'è tut un tribulà





Ci sono 5 gradi fuori, ed un vento gelido che spazza qualsiasi cosa. La signora ha quasi settantanni ed è venuta a trovare i figli in Italia, dall'Argentina.  Parla solo castigliano stretto, ed ha un tono lieve e malinconico di chi nella vita ha sofferto anche troppo. Mi spiega che le piacciono le rose ma non riesce a coltivarle nel suo giardino perché le fa troppo male la schiena.

Ogni tanto qualcuno telefona per un saluto, e mi aggiorna.
Andrea si è sposato due anni fa ed ha una bambina.
Rosita ha avuto un bimbo.
Marco non si capisce,faceva discorsi strani, se n’è andato e forse ha aperto una gelateria.
Robi convive ed ha avuto una bambina.
Enri si è sposato un paio di anni fa.

Io a tutta questa gente non invidio né il fatto che si sono sposati, né il fatto che hanno avuto dei (bleah) bambini. Io semplicemente darei qualsiasi cosa per avere un po’ della loro serenità.


“Meglio essere infelici sui cuscini di una Rolls Royce che sulle panchette di un tram”, diceva Aristotele Onassis. Non centra molto con tutto questo, ma mi piaceva come frase.

Tribulà invece era il soprannome del Flavio, quando era un ragazzo, su nel cuneese. Perché era tutto un tribolare. Un dover fronteggiare ostacoli.

Mi ci vedrei bene anch'io con quel soprannome. “L’è tut un tribulà”. Certo, almeno lui poi i soldi li ha fatti, e qualche modella se l’è pure scopata.

E poi la domenica che dura anche un’ora in più. Una volta avrei detto, fosse sempre così. Oggi non lo so. Non so niente. Dentro sono troppo stanco.

Anima Fragile in sottofondo.

"E la vita continua anche senza di noi
noi che siamo lontano ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai"

Ecco. Come scrissi una volta. Emozioni che magari non bastavano, ma che almeno scaldavano un po'.

mercoledì 24 ottobre 2012

CORRI E FERMA QUEL TRENO


Ferma con quelle tue mani il treno Palermo-Francoforte, 
per la mia commozione 
c'è un ragazzo al finestrino, 
gli occhi verdi che sembrano di vetro 
corri e ferma quel treno 
fallo tornare indietro

lunedì 8 ottobre 2012



Come quando dentro non si può più aspettare qualcosa che non arriva. Come quando fuori piove. Come vivere su di un vascello che sta imbarcando acqua. In mezzo ad una tempesta. Destinato ad affondare, solo questione di tempo. Mi sembra di essere tornato ad ottobre 2009. Rileggo quelle righe. Sembra oggi. Sembra adesso. Un salto indietro di tre anni.

Mi domando come faccio ancora a reggere. Certe delusioni. Certe ansie. Certe cadute. Mi sento addosso centomila anni. Centomila.

E la luce che ho dentro è quella di una candela che, con la forza della disperazione, riesce a resistere al vento. La fiamma tremula rimane accesa sino a quando non si consuma la cera.

Consumato. La parola che cercavo. 


mercoledì 3 ottobre 2012


cuori agitati dal vento 

disorientati perché 

con l'ansia che 
abbiamo dentro 

ognuno è fuori di sé... 

(Cuori Agitati - Eros Ramazzotti)


AUTUMN IN BUSALLA



Le intro di certe canzoni non dovrebbero finire mai. Dovrebbero semplicemente ESSERE la canzone, penso mentre sto ascoltando “She’s the One”.
Robbie, dovevi fermarti alla quarta strofa. Stop. Ed invece hai voluto fare lo sborone, rovinando tutto.
Così come certe storie. Che dovrebbero essere LA STORIA. Che dovrebbero durare per sempre. Ed invece.

“Da Franco” siamo ancora in provincia di Alessandria, dunque Piemonte, ma tutti parlano ligure. Perché ognuno fa le sue scelte di vita e se ti capita di vivere in un paesino dell’Appennino al confine tra Piemonte e Liguria, scegli necessariamente di essere ligure. Se vivi in un paese in mezzo ad una risaia al confine tra il Piemonte e la Lombardia, scegli necessariamente di essere lombardo. Essere piemontesi evidentemente non fa tendenza.

Comunque si mangia bene e non si spende molto. I “Rappresentanti di tutto il mondo unitevi” si fermano qui per mangiare, ma dopo le 13.30. Io per quell'ora ho già finito da un pezzo. Perché ho le mie nevrosi, come le star, dunque o mangio alle 12 in punto, o ti spacco la faccia.

Il signore brizzolato sulla sessantina non riesce a tenere gli occhi aperti. Fa il medico e sono parecchi giorni che non dorme. Tagliolini al cinghiale, acciughe fritte, mezzo di rosso, caffè + mezzo bicchiere di Fernet. Se gli fanno il palloncino si prende i domiciliari. Non vorrei mai essere operato, da un medico che sceglie un menù del genere.

Qui nel parcheggio di terra bianca il tempo sembra dilatarsi,gli alberi non hanno ancora perso una foglia, c’è un sole meraviglioso ed un’aria fresca a ricordare certe giornate di inizio primavera.Che non dovrebbe essere così. L’autunno non dovrebbe essere la stagione delle domande. L’autunno dovrebbe essere la stagione delle certezze. La stagione di “quello che si poteva fare è stato fatto,adesso vediamo di chiudere l’anno con l’animo in pace”. La stagione di Lei che era bellissima e di Te che non ti scorderai tanto facilmente  quegli occhi di cielo e  quei baci dati senza pensarci troppo. La stagione del “Ti voglio qui, adesso,con me”.

Invece niente di tutto questo. Almeno, non per me. Se lo è per qualcuno, sono contento, non è che mi dispiaccia. Dico solo che non lo è per me.