Tre due uno, tanta tanta pioggia ancora e nebbia e grigio e
umido. E gocce che, poco per volta, in silenzio, provano a bagnarci dentro,
come cantava qualcuno, e forse ci riescono pure.
Mi sono svegliato alle dieci,questa mattina. L’ultima volta
che mi era capitato, probabilmente avevo 15 anni.
Ho dovuto segare in due una vecchia porta di mogano per mio
padre, che con quanto rimasto ci costruirà
un comodino.
Le rose sono fradice
e pesanti. E’ un anno che aspetto questo momento, nemmeno riesco a
godermelo.
Il Chelsea ha vinto una finale di coppa campioni senza
nemmeno accorgersene, senza capire bene come. La prima della sua storia. L’apoteosi.
L’ha vinta perché ci ha creduto ed ha fatto tutto il possibile per essere lì. Con
cose facili. Un bel catenaccio, marcature a uomo,contropiede.
Io invece mi sento molto come la Beneamata. Una stagione
difficile, fastidiosa,indolente. Cominciata male e proseguita tribolando molto.
Tanto. Oltre la sopportazione. Nessun obiettivo raggiunto. Un illudersi e poi
ancora un disilludersi in loop continuo.
Poca freschezza fisica, troppa stanchezza nervosa.
Tanto da rinnovare. Si dovrebbero tagliare dei rami vecchi. Si vorrebbe aprire un ciclo. Ma è come non venisse mai il momento, come cantava sempre quel qualcuno di prima. Mai il momento.
Tanto da rinnovare. Si dovrebbero tagliare dei rami vecchi. Si vorrebbe aprire un ciclo. Ma è come non venisse mai il momento, come cantava sempre quel qualcuno di prima. Mai il momento.
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