giovedì 8 luglio 2010

preposizioni semplici e camicie bianche


per la camicia



C’era questa trattoria nella piazza del paese, e fuori come minimo ci saranno stati trentasei gradi. Tra la provincia di Alessandria e quella di Pavia, ad un paio di chilometri dal Po’.
 



Che probabilmente devo avere una predisposizione particolare per andarmi ad  infilare sempre in certe bettole. Di quelle con le sedie bianche in ferro tipo da veranda, talmente sporche che ti imbratti i vestiti al solo pensiero di sederti, le tovaglie di carta che sembrano già usate e le mosche che ronzano sul pane.
 



 





Il gestore è un omone visibilmente in sovrappeso che assomiglia in maniera quasi imbarazzante al personaggio dello zio Andy nella sitcom “La vita secondo Jim” ed è vestito con maglietta e pantaloncini verdi mimetici.



Attorno ci sono solo operai ed un gruppo di escavatoristi che probabilmente stavano rinnovando un oleodotto lì vicino.
 





Fanno dei discorsi interessanti. Uno dice che anche le piante sono esseri viventi in quanto comunicano tra loro, l’altro parla di Maometto e di come la chiesa cattolica abbia poi distrutto la gioia di vivere, l’altro ricorda come il caffè sia un vasodilatatore, che col caldo occorrerebbe solo bere sali minerali. Poi qualcuno racconta la storia di quel tale che cercava di capire quanto pesa l’anima umana, e alla fine qualcun'altro se ne esce parlando di strategie commerciali della Caterpillar.
 



 





Io li ascolto mentre bevevo una media, e penso che quando ero nel blasonato mondo delle multinazionali, con tutti i gesùcristi del caso delle risorse umane che in base a come si atteggiano dovrebbero assumere solo gesùcristi di rappresentanti e area manager e regional manager, non si riusciva ad ascoltare una frase di senso compiuto che non contenesse almeno due a scelta tra i vocaboli cazzo figa tette pompino sborrata. Che a volte pure glielo dicevo. Non vi sembra di essere un tantino volgari? Siamo tutti grandi, ormai, questo lessico e questi discorsi sembrano  più consoni ad un gruppo di tredicenni con turbe mentali. Ma lì la pecora nera ero io.

Alla fine quando sei troppo intelligente rispetto alla media vieni considerato un pirla. Il problema è che io sono una persona di media intelligenza, è questo che non capivano, mica un fenomeno.





 



E intanto che penso a questo, zio Andy mi chiede ogni volta che passa se va tutto bene, se ho bisogno di altro, perché probabilmente in quella trattoria in una piazza di un paese di duecento persone non era mai entrato nessuno con una camicia bianca ed una cravatta azzurra e si sentiva un po’ in imbarazzo ma anche un po’ inorgoglito di avermi come cliente. Camicia bianca e cravatta azzurra.  Come imponeva la ibiemme ai suoi venditori qualche anno fa. Almeno così mi spiegarono all’Università, quando in realtà non si pronunciava ibiemme ma ai bi em.



 



Mi alzo e vado a pagare. Zio Andy legge il timbro sulla fattura, e mi chiede di dove sono. In realtà abito a 20km da quel posto, ma me la tiro ancora un po’ e dico che ne vengo dalla Brianza, che in quelle zone di provincia dire così suscita ancora un certo interesse. Come a Milano quando uno ti dice che ne viene da Parigi.  Poi mi chiede cosa produciamo, io glielo spiego, e lui mi dice di andare in quell’azienda che lì sicuramente potrebbero avere bisogno.



 



Rimango quasi allibito. Zio Andy che prima mi tratta come se fossi un petroliere, poi mi spiega anche la strada per andare a cercare business. Che quasi glielo volevo pure dire. La smetta di trattarmi come se fossi Tronchetti Povera, sono un morto di fame esattamente più di te.  



E tutto per merito di una camicia bianca ed una cravatta azzurra. A conferma della mia massima, che è più facile essere considerati  grandi pittori in un mondo di imbianchini che mediocri imbrattatori in un mondo di michelangeli.



 



Evidentemente certe persone sono nate per la camicia. Certo, io avrei tanto preferito essere nato con la camica. Le solite stupide preposizioni semplici che mi fregano.



 



(Pazienza, oggi è già giovedì, non facciamone un dramma)



 

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