mercoledì 13 febbraio 2013

guardano a turno il telefono sempre impassibile, il loro tempo si sbriciola,sembra passabile (Paolo Conte - Pesce veloce del Baltico)


Qua nella terra dove tutti sono brutti la gente è strana. Le persone che incontri, con le quali hai a che fare, sembrano non aver voglia di fare un cazzo. Il calendario alla reception è fermo a gennaio anche se siamo alla seconda del mese successivo. C’è un certo Gaetano che avrà diciotto anni e  che mi consegna la chiave  della stanza. Siede su di una sedia che sembra uscita da un salotto medioevale. Quando indietreggia ne deve far scivolare i piedi sulla moquette rossa, che si lacera. Lo schienale è reso più comodo da una specie di cuscino preso da chissà dove e legato malamente all’intelaiatura. Mi chiedo perché non vogliano usare una normale sedia da ufficio, con rotelle e schienale regolabile.
Non so, questo posto mi sa tanto di Russia post perestroika. Ma gli anni 90 sono finiti. Da un pezzo. Nel '90 avevo dieci anni. Adesso ne ho 33. Mah.

Ci sono boschi a perdita d'occhio e strade che li attraversano, e  pascoli con cavalli bassi e poi campi di grano che cresce, ma non è quello di cui ho bisogno.
Fuori piove ed un vento gelido porta la neve contro il vetro della mia auto.

La fornace è enorme e deserta. Giro negli uffici vuoti sino a quando non arriva un tipo a spiegarmi che sono tutti a casa, in attesa di nuovi ordini dalla sede centrale. Non possono che aspettare.

Invio un messaggio col cellulare, ma nessuna risposta. Ne invio un altro, ma come prima. Guardo il telefono,sempre impassibile.
Mi chiedo cosa sto facendo qui, in mezzo a questo niente,sotto questa pioggia ghiacciata.

Mi vengono in mente Emanuele,Luca,Monique,Chiara,Alessia, Enrico,pure mia sorella. E sono sicuro che in questo momento loro non stanno certo pensando a me. Eh già,saranno impegnati con i loro lavori, le loro famiglie,le loro cose. Perché dovrebbero pensare a me? Si stanno salvando. Loro si stanno salvando. 
Io no.

Nella trattoria dove ceno osservo al tavolo quattro ucraini, credo facciano i muratori. Uno è un ragazzone sui 100 chili e dai capelli a spazzola. Parla bene l’italiano. Sono tutti in maglietta a mezze maniche. Scherzano tra di loro, ordinano tagliatelle al ragù, e poi non so.

Al mattino ci sono un paio di tecnici che fanno colazione nello stanzone semibuio. Chissà quanta gente dev’essersi seduta a quei tavoli, nei tempi migliori. Quanti venditori come me. Oggi siamo in tre. Forse quattro, ma non di più. Gaetano prepara i caffè,nessuno che abbia voglia di parlare.

Armeggio con la tastiera del cellulare. Invio un messaggio,guardo il telefono. Sempre impassibile. Il tempo si sbriciola, ma non abbastanza. Mi chiedo ancora cosa sto facendo qui. Penso alla  piega che ha preso la mia vita. Penso a come la vita sia fatta di coincidenze, momenti, situazioni, piccole cose che la indirizzano inevitabilmente verso certe direzioni. 

Cerco la forza che avevo dentro qualche anno fa. 
Oggi non la trovo. Nemmeno un po’. 
E la fortuna conta sì, la fortuna è determinante. La fortuna di aver fatto la scelta giusta. Ma davvero ho potuto scegliere?

Nel '90 avevo dieci anni. Adesso ne ho 33. Mah.

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